Un concerto di Iosonouncane ti lascia impressionato

L‘ascolto’ dell’album IRA dal vivo è un’esperienza immersiva.

Alessandro Giura
5 min readApr 23, 2022
Credit: Alessandro Giura

Per qualche ragione quando sono entrato alle OGR di Torino e ho visto le 30 file di sedie rosse mi sono sorpreso. Al concerto di Iosonouncane mi avevano invitato poche ora prima. Ho rilevato il biglietto da un amico che si era ritrovato la data definitiva del concerto occupata dal lavoro quando invece nelle precedenti 4 occasioni si sarebbe trovato libero, a ricordare di quante cose avevamo programmato per intrattenerci che poi la pandemia ha dilatato nel tempo negandole anche. Di conseguenza non mi sono preoccupato troppo della location, solo di riascoltare un po’ l’artista e mi ero dimenticato che le restrizioni che ti condizionano la visione di un concerto rispetto a come eravamo abituati sono ancora lì e dobbiamo farci i conti. Sorpresa dell’ovvio acquisita ci sono un pelo rimasto male, ma forse solo perché avevo voglia di un po’ di calca e lui lo avevo già ascoltato ad agosto sempre occupando un posto tra le troppo poche sedie. Appena Iosonouncane ha cominciato a suonare mi sono ricreduto. Vederlo esibire i brani di IRA al completo con la sua orchestra al completo seduto ma dentro un posto che ha l’estetica di un capannone underground ha aiutato a rendere il suo concerto un’esperienza unica.

Jacopo Incani ci ha messo 6 anni a tornare con un disco dopo il successo di DIE, un album che ne ha consacrato il successo anche grazie alla splendida Stormi, traccia probabilmente inserita in qualsiasi playlist di Spotify dagli utenti amanti della nuova ondata di musica italiana degli ultimi 10 anni che ancora ci ostiniamo a chiamare indie. 6 anni di attesa quindi. Un nuovo album uscito quasi all’improvviso e senza grandi promozioni. E una cosa completamente diversa dall’opera precedente. Da un album che era un ode alla Terra e alla natura <Corpo vivo fra gli alberi, rive lontane, le correnti nel mattino che riprendono il mare> e molto breve siamo passati ad un viaggio tra suoni decisamente più oscuri e cupi lungo 1 ora e 50 minuti. Giulia Cavaliere ha scritto che questo “non è un disco, è un’impresa”. Le influenze musicali sono diverse varie: la chiave elettronica apre porte di musica tribale, Jazz e della musica del Magreb. Ci puoi trovare qualcosa dei primi Radiohead, o dei Boards of Canada. È stato uno dei migliori album italiani dell’anno, che ha ottenuto consensi all’estero. Ma sentirlo dal vivo è tutta un’altra esperienza.

Credit: Alessandro Giura

In IRA la voce diventa cori, che parlano un linguaggio tutto suo. Si parlano 6 lingue: italiano, inglese, francese, arabo, spagnolo e tedesco. Lingue mescolate tra loro in vari registri vocali. “Lo strumento-voce è dentro il paesaggio sonoro, ne fa parte come qualsiasi altro elemento, e il modo di cantare si piega alle necessità del suono globale”. La sintassi nei testi è italiana, la cosa che fa capire come questo album parli delle migrazioni oltre che della fine del mondo. Jacopo parla come parla con il linguaggio di un italiano in terra straniera, cosa che ha fatto definire questo come il “disco di un viaggiatore” da Daniele Manusia.

Jacopo ha detto di “voler lavorare ancora con i musicisti che mi avevano accompagnato durante il tour di Die” ampliando il gruppo aggiungendo due musiciste. Già dalla disposizione sul palco si vede che l’obiettivo è esaltare il suono di tutti. Lui si mette a sinistra, indossa un cappuccio dietro ad un paio di sintetizzatori o campionatori, nessun laptop, un microfono e alterna basso e chitarra tra le braccia. I suoi cinque compagni di palco non sono messi in secondo piano, non si è preso la scena completamente. Insomma un concerto un po’ impersonale. Non conta lui. Contano i suoni. Suoni in grado di catturare completamente, rimanendo avvolti da percussioni e synth che live sono molto più potenti di quello che l’ascolto dell’album da una cuffia. Le luci cupe non rendono distinguibile il volto di nessun musicista. Se Iosonouncane voleva sparire dietro la propria opera ha fatto vedere come si fa. Dalla mia sedia in ventesima fila mi sono fatto immergere dalle sonorità quasi subito, fin dal giro di chitarra iniziale di hiver con cui ha aperto lo spettacolo, rapito dal coro coccolante di nuit, fatto trasportare dai suoni oscuri e angoscianti di ojos e dal crescendo di hajar. Suoni magici e angoscianti, probabilmente perfetti per un film di Christopher Nolan, che hanno completamente stregato il pubblico, giunto curioso e dimostratosi particolarmente attento e immerso nella performance di chi era sul palco.

Credit: Alessandro Giura

Il concerto è stata un’ora e mezzo di cavalcata densa, profonda e veemente che lascia impressionati, o anche incantati. Quando lo avevo già visto suonare nel finale uno ad uno i musicisti sparivano tra le luci, finchè non toccava a Iosonouncane che sparisce anche lui lasciando le macchina spegnersi da sole. Rito compiuto, non servirebbe altro. Come se si dissolvessero assieme alla musica. Questa volta va diversamente. Le luci si accendono, non c’è il bis, ma loscroscio di applausi i musicisti questa volta se lo prendono.

Vedere dal vivo questo album è un’esperienza che completa la percezione di quest’opera, di un’artista che rigetta la contemporaneità musicale, che nonostante il successo di una canzone come Stormi non si è fatto influenzare da un panorama musicala dove la parola “indie” è talmente abusata da averne svuotato il significato come ha scritto Fabio Zuffanti. A Zuffanti dice “e uno ha la cognizione di cosa è il pop, nel senso più alto del termine, come terra di sperimentazione e sintesi, sa benissimo che i grandi autori pop sono coloro che dall’esperienza di ricerca di altri riescono ad avviare processi di sintesi. Senza lo stronzo che suona davanti a 30 persone perché sta ricercando una cosa che magari non riuscirà mai a trovare, il pop non ha vita. Quando viene portata avanti l’idea che funziona solo ciò che è efficace, e invece è elitario e autoreferenziale ciò che non ha pubblico questa cosa mi manda fuori di testa, mi fa rabbrividire, incazzare, perché è una logica mercantile, è la logica della maggioranza, o di una minoranza che si sente maggioranza, è terrificante”impersonificando quindi ancora di più l’idea vera che c’è dietro di lui, ovvero che Iosonouncane è il prototipo dell’artista indie.

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Alessandro Giura

Studente di scienze della comunicazione a UniTo. Editor e Copywriter. Scrivo su Palloni Gonfiati e Ultimo Uomo. Conduco il podcast Britannia.